NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE
Niente di nuovo sul fronte occidentale
dal romanzo Im Westen nichts Neues (1929)
di Erich Maria Remarque
di Erich Maria Remarque
Regia Simone Campa
Direzione musicale Simone Campa
Musiche originali di Simone Campa e Orchestra Terra Madre
Produzione speciale Neri Pozza Editore (2023)
per Premio Letterario Nazionale Neri Pozza VI edizione
in collaborazione con Teatro Stabile di Verona
con
Alessandro Preziosi
e Orchestra Terra Madre
Direzione musicale Simone Campa
Musiche originali di Simone Campa e Orchestra Terra Madre
Produzione speciale Neri Pozza Editore (2023)
per Premio Letterario Nazionale Neri Pozza VI edizione
in collaborazione con Teatro Stabile di Verona
Alessandro Preziosi
e Orchestra Terra Madre
i musicisti dell’Orchestra
Simone Campa
congas, glockenspiel, rullante,
tamburi a cornice, percussioni
Aliou Ndiaye
voce, xalam, sabar
Roby Avena
fisarmonica, effetti
Chiara Cesano
violino
Diego Mascherpa
sax soprano
Gabriele Cappello
sax tenore
Sara Fusano
clarinetto, clarinetto basso
Alessandro Leali
chitarra elettroacustica
congas, glockenspiel, rullante,
tamburi a cornice, percussioni
Aliou Ndiaye
voce, xalam, sabar
fisarmonica, effetti
violino
sax soprano
sax tenore
Sara Fusano
clarinetto, clarinetto basso
Alessandro Leali
chitarra elettroacustica
Commuovere il lettore con la forza delle parole, e destarne insieme cuore e mente, è il dono straordinario di Remarque.
The New York Times
Kantorek è il professore di Bäumer, Kropp, Müller e Leer, diciottenni tedeschi quando la voce dei cannoni della Grande Guerra tuona già da un capo all’altro dell’Europa. Ometto severo, vestito di grigio, con un muso da topo, dovrebbe essere una guida all’età virile, al mondo del lavoro, alla cultura e al progresso. Nelle ore di ginnastica, invece, fulmina i ragazzi con lo sguardo e tiene così tanti discorsi sulla patria in pericolo e sulla grandezza del servire lo Stato che l’intera classe, sotto la sua guida, si reca compatta al comando di presidio ad arruolarsi come volontari. Una volta al fronte, gli allievi di Kantorek – da Albert Kropp, il più intelligente della scuola a Paul Bäumer, il poeta che vorrebbe scrivere drammi – non tardano a capire di non essere affatto «la gioventù di ferro» chiamata a difendere la Germania in pericolo. La scoperta che il terrore della morte è più forte della grandezza del servire lo Stato li sorprende il giorno in cui, durante un assalto, Josef Behm – un ragazzotto grasso e tranquillo della scuola, arruolatosi per non rendersi ridicolo – viene colpito agli occhi e, impazzito dal dolore, vaga tra le trincee prima di essere abbattuto a fucilate. Nel breve volgere di qualche mese, i ragazzi di Kantorek si sentiranno «gente vecchia», spettri, privati non soltanto della gioventù ma di ogni radice, sogno, speranza.
ALESSANDRO PREZIOSI
Attore italiano (Napoli, 1973). Ultimati gli studi in Giurisprudenza, ha frequentato l’Accademia dei Filodrammatici di Milano prima di debuttare in teatro nell’Amleto di A. Calenda (1998). Sul finire degli anni Novanta ha esordito sul piccolo schermo: grazie alla soap-opera Vivere (1999-2002) e alla fortunata serie TV Elisa di Rivombrosa (2003-04) ha guadagnato grande popolarità e ricevuto i primi riconoscimenti. Senza mai abbandonare palcoscenico e televisione, nel 2004 ha ottenuto il primo ruolo cinematografico (Vaniglia e cioccolato) per poi recitare in pellicole quali I Vicerè (2007), Mine vaganti (2009), Maschi contro femmine (2010), Femmine contro maschi (2011), Il volto di un’altra (2012), Passione sinistra (2013), L’amore rubato (2016), Classe Z (2017), Nessuno come noi (2018), Bla Bla Baby (2021) e La cura (2022). Vincitore del Premio Gassman e direttore artistico del Teatro Stabile dell’Abruzzo (dal 2011 al 2014), nel 2012 P. ha diretto e interpretato l’opera teatrale Cyrano de Bergerac. Nel 2016 è tornato a recitare in fiction di successo Tango di libertà e I Medici, nel 2017 in Sotto copertura – La cattura di Zagaria, nel 2019 in Liberi di scegliere e nel 2021 in Masantonio – Sezione scomparsi.
Uno di quegli scrittori che risvegliano un senso di gratitudine: perché ci offrono una seconda patria.
Domenico Quirico
La colonna sonora di Simone Campa
Suoni rarefatti legati al ricordo sbiadito della vita normale, “prima” della guerra. Un tamburo rullante che ricorda le marce militari e che spesso viene evocato dall’autore come descrizione sonora dei bombardamenti in lontananza. Basi elettroniche che vanno a ricreare quella sensazione di esasperante e interminabile attesa di un ineluttabile destino, pesante tanto quanto il cielo plumbeo del fronte, fredda e umida come la trincea. Una fisarmonica, che accenna melodie tradizionali echeggianti dalle baracche del campo, portata con sè da qualche soldato.
Sì, ho conosciuto Remarque in quegli anni, non era certo un rivoluzionario. Ho incontrato R. così di sfuggita, l’ho incontrato una volta sola, mi pare sì, una sola volta a casa sua e poi una volta in America, ma sono stata testimone del successo assolutamente straordinario del suo libro sulla guerra, »Niente di nuovo sul fronte occidentale«. Fu il primo libro di quel periodo che descrivesse veramente la guerra com’era in realtà. E descrivendo la guerra in questo modo diventava necessariamente un pacifista.
Katia Mann
Siamo a riposo, nove chilometri dietro il fronte. Ci hanno dato il cambio ieri; oggi abbiamo la pancia piena di fagioli bianchi con carne di manzo, e siamo sazi e soddisfatti.
“ ‘Mi parli degli elementi drammatici nel Guglielmo Tell!’ ricorda Kropp, e mugghia contento.
‘Quali scopi si prefissero i poeti di Gottinga?’ incalza Müller, a un tratto severo.
‘Quanti figli ebbe Carlo il Temerario?’ replico io freddamente.
‘Lei, Bäumer, non concluderà mai nulla nella vita’ guaisce Müller.
Kropp vuol sapere ‘la data della battaglia di Zama’ ma io ribatto: ‘A Lei manca ogni serietà morale signor Kropp.
Sieda: le do un tre’.
‘Quali erano secondo Licurgo i principali doveri del cittadino?’ mormora Müller, aggiustandosi sul naso un paio di lenti immaginarie.
‘Quanti abitanti fa Melbourne?’ replico pronto io. ‘ Come si può vivere senza sapere di queste cose?’.
‘Che cosa si intende per coesione?’ ricomincia lui.
Di tutta codesta roba molto non ricordiamo. Vero è che non ci è servita a nulla.
Nessuno invece ci ha insegnato a scuola come si accenda una sigaretta sotto la pioggia e il vento, come si faccia prendere fuoco a un fascio di legna bagnata; oppure anche come convenga cacciare ad uno la baionetta nella pancia, perché se si pianta tra le costole, vi rimane conficcata”.
Orchestra Terra Madre
«Commuovere il lettore con la forza delle parole, e destarne insieme cuore e mente, è il dono straordinario di Remarque»
The New York Times
Kantorek è il professore di Bäumer, Kropp, Müller e Leer, diciottenni tedeschi quando la voce dei cannoni della Grande Guerra tuona già da un capo all’altro dell’Europa. Ometto severo, vestito di grigio, con un muso da topo, dovrebbe essere una guida all’età virile, al mondo del lavoro, alla cultura e al progresso. Nelle ore di ginnastica, invece, fulmina i ragazzi con lo sguardo e tiene così tanti discorsi sulla patria in pericolo e sulla grandezza del servire lo Stato che l’intera classe, sotto la sua guida, si reca compatta al comando di presidio ad arruolarsi come volontari.
Una volta al fronte, gli allievi di Kantorek – da Albert Kropp, il più intelligente della scuola a Paul Bäumer, il poeta che vorrebbe scrivere drammi – non tardano a capire di non essere affatto «la gioventù di ferro» chiamata a difendere la Germania in pericolo.
La scoperta che il terrore della morte è più forte della grandezza del servire lo Stato li sorprende il giorno in cui, durante un assalto, Josef Behm – un ragazzotto grasso e tranquillo della scuola, arruolatosi per non rendersi ridicolo –, viene colpito agli occhi e, impazzito dal dolore, vaga tra le trincee prima di essere abbattuto a fucilate.
Nel breve volgere di qualche mese, i ragazzi di Kantorek si sentiranno «gente vecchia», spettri, privati non soltanto della gioventù ma di ogni radice, sogno, speranza.
Pubblicato per la prima volta nel 1929, e da allora oggetto di innumerevoli edizioni, Niente di nuovo sul fronte occidentale viene considerato uno dei più grandi libri mai scritti sulla carneficina della Prima guerra mondiale, il tentativo, perfettamente riuscito, di «raccontare una generazione che – anche se sfuggì alle granate – venne distrutta dalla guerra» (E. M. Remarque).
Erich Maria Remarque nacque a Osnabrück nel 1898. Nel 1916, in piena Grande Guerra, fu spinto ad arruolarsi volontariamente e nel 1917 fu spedito sul fronte occidentale, dove rimase gravemente ferito. Il suo primo romanzo pacifista, Niente di nuovo sul fronte occidentale, fu pubblicato nel 1929. Nel 1933 i nazisti bruciarono e misero al bando le sue opere. Riparato in Svizzera, vi risiedette fino al 1939, anno in cui si trasferì negli Stati Uniti. Nel 1948 tornò in Svizzera, dove visse e continuò a scrivere fino alla morte, nel 1970. Neri Pozza ne sta ripubblicando l’opera omnia.
Un ’ora con
Erich Maria Remarque
Gianni Granzotto
Erich Maria Remarque
Produzione: Rai 2 (Rom, ITA)
26.11.1963
Questa era la Germania in cui viveva Remarque, al tempo del primo dopoguerra. La Berlino degli anni ’20, la Berlino dell’inflazione, della ricerca ansiosa di un nuovo lavoro e di un nuovo equilibrio. La sconfitta militare era dietro a questi stati d’animo e già dava spunti di acre ironia come lo strumento di una protesta che si rivolgeva a tutta la società responsabile del fallimento e del disordine morale che ne era seguito. Le immagini della guerra si tramutavano ormai in immagini caricaturali. Il senso della ribellione era il denominatore comune del rinnovamento degli spiriti che fermentava tra le nuove fila della cultura tedesca. Ecco il Remarque giovane di quegli anni. Ed ecco gli altri suoi compagni di allora. Bertolt Brecht che aveva scelto il teatro per la sua denuncia sociale e il gruppo di artisti della Bauhaus con Kandinsky, Klee e Gropius e Giorgio Gross. Gross con le punte perfette ed amare del suo disegno fu forse l’accusatore più efficace degli orgogli, dei rancori, della sete di rivincita del vecchio militarismo prussiano. Dominava su questo gruppo l’impegno più rigoroso di Thomas Mann. Lo scrittore che lasciò senza dubbio la traccia più profonda di quell’epoca. Noi siamo andati nella casa in cui Thomas Mann trascorse l’esilio a Zurigo, nella sua biblioteca, tra i suoi libri, in questa stanza, dove egli morì il 12 agosto 1955 accanto a Katia Mann, che fu la compagna di tutta la sua vita.
Katia Mann
Granzotto: Nel 1929 un oscuro giornalista tedesco scrisse di getto i suoi ricordi di guerra. Nacque uno dei romanzi più famosi del nostro tempo: Niente di nuovo sul fronte occidentale. Quattro anni dopo il libro veniva bruciato dai nazisti e il suo autore andava in esilio. Erich Maria Remarque ha ora 66 anni, vive fra l’America e la Svizzera. In questi giorni si trova a Roma dove l’abbiamo incontrato mezzo secolo dopo il grande dramma di cui fu l’interprete più popolare.
Remarque: È passato quasi mezzo secolo ormai dall’inizio della prima guerra. Eppure non credo che gli uomini siano cambiati granché. La scienza, sì, è cambiata e molto anche. Oggi abbiamo nuovi mezzi e assai più micidiali per distruggerci l’un l’altro. E purtroppo non occorre neanche molta gente per usarli, perché la possibilità di decidere di scatenare la guerra è nelle mani di pochi uomini. È un’idea terrificante. Mai sarei riuscito a immaginarlo quando scrissi il mio primo libro.
Granzotto: Il suo libro Niente di nuovo sul fronte occidentale. Per i giovani di trent’anni fa è stato come l’apocalisse. Lei è mai tornato a rivedere i campi di battaglia che ha descritto nel suo romanzo.
Remarque: Sì. Li ho rivisti. Qualche anno dopo ci sono tornato.
Granzotto: E immagino che siano proprio i campi sui quali lei stesso ha combattuto.
Remarque: Sì, nelle Fiandre e a Verdun. Più a lungo mi sono fermato nelle Fiandre. È stata un’esperienza molto strana perché io avevo sempre ricordato quei campi, quelle pianure come un vero inferno. Il fischio, lo schianto delle granate, il fragore della battaglia, delle esplosioni. Tutto ciò era cessato. Quello che più mi colpì più di tutto fu il silenzio di quei luoghi, un silenzio completo, assoluto, neanche un uccello che cantasse. Eppure era lì che avevamo dovuto difendere la nostra vita, fare tutto quel che potevamo per restare vivi.
Granzotto: Ebbene, con questo libro Lei ha voluto raccontare la tragedia di una generazione. E certo, proprio in questo senso, il libro è stato per molti un messaggio. Ora vorremmo sapere: Lei crede che sia un messaggio valido anche oggi, nel nostro tempo?
Remarque: Eh, purtroppo, purtroppo sì. Purtroppo, ripeto. Vede, dieci dopo che avevo scritto quel mio primo libro scoppiò un’altra guerra. Eh sì. Ed oggi non è scomparsa del tutto la minaccia della guerra.